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L'intervallo inizia con una considerazione zoologica
sulle diverse ragioni che spingono a cantare tipologie differenti di
uccelli caratterizzati da un canto molto simile: “...così un canto di
sfida può essere confuso con un canto d'amore”. Ed è per ragioni d'amore
che forse sono spinte da una volontà di sfida, che Veronica si trova
prigioniera in un ospedale abbandonato di Napoli simile ad un castello
diroccato, guardata a vista da un altro recluso, obbligato con la forza a
farle da carceriere per un giorno. I due ragazzi, impossibilitati ad
uscire da quel luogo senza senso, vivranno una giornata di vacanza dalla
quotidianità che li schiaccia.
Scritto appositamente per il cinema, senza basarsi su nessun testo di partenza, girato in fretta e modellato nei dialoghi e nelle inflessioni sulla lingua parlata realmente grazie al contributo e alle piccole improvvisazioni dei due attori protagonisti (scovati e allenati da mesi di “preparazione”), il film di Leonardo Di Costanzo ha il sapore dei prodotti grezzi ed autentici e la complessità visiva del più grande direttore della fotografia che operi in Italia: Luca Bigazzi. Tra fondamenta allagate che paiono mari immensi, giardini trascurati che sembrano boschi colmi d'erbacce e piante non coltivate, rottami a non finire e saloni vuoti in cui solo detriti e calce fanno da mobilio i due ragazzi parlano, si odiano e si rispecchiano l'uno nell'altro fino all'inevitabile confronto finale con la ragione della loro reclusione. Nella favola scritta assieme a Maurizio Braucci non c'è consolazione, solo illustrazione, non c'è eroismo, nemmeno nascosto, solo sottomissione al sistema, per questo è uno dei film più coraggiosi in materia. Per arrivare a questo la scelta del team di autori è di passare attraverso il dramma da camera senza mai avvicinarsi al teatro. Benchè in scena ci siano praticamente sempre solo due attori che parlano tra di loro, L'intervallo riesce a non rimanere ripiegato sulla parola ma con i continui cambi d'ambiente e il fenomenale apporto delle luci di Bigazzi, capaci da sole di raccontare uno stato d'animo, porta nuove idee e rinegozia il senso di ogni scena, in modo da rendere ogni momento superiore alle semplici battute che in esso sono pronunciate. Nonostante rimanga un film piccolo, per volontà aspirazioni e umiltà, L'intervallo comunque riesce ad arrivare più lontano delle proprie aspirazioni in virtù di una coerenza, di un'onestà e di una fiducia nelle capacità dell'immagine che non sono frequenti.
Gabriele Niola
(mymovies)
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