SALA NERO-ARANCIO
incontri al CINEMA NELLE VACANZE
dell'Associazione Culturale Quintiliano

giovedì 29 dicembre 2011

Giovedì 29.12.11 ore 19.40

 Cinema Nazionale Via Pomba, 7 - Torino. Telefono: +39 0118 124 173  mappa» 
The Artist
Un film di Michel Hazanavicius. Con Jean Dujardin, Bérénice Bejo, John Goodman, James Cromwell, Penelope Ann Miller. Drammatico, durata 100 min. - Francia 2011.

Hollywood 1927. George Valentin è un notissimo attore del cinema muto. I suoi film avventurosi e romantici attraggono le platee. Un giorno, all'uscita da una prima, una giovane aspirante attrice lo avvicina e si fa fotografare sulla prima pagina di Variety abbracciata a lui. Di lì a poco se la troverà sul set di un film come ballerina. È l'inizio di una carriera tutta in ascesa con il nome di Peppy Miller. Carriera che sarà oggetto di una ulteriore svolta quando il sonoro prenderà il sopravvento e George Valentin verrà rapidamente dimenticato.
Anno Domini 2011, era del 3D che invade con qualche perla e tante scorie gli schermi di tutto il mondo. Michel Hazanavicius porta sullo schermo, con una coproduzione di rilievo, un film non sul cinema muto (che sarebbe già stato di per sé un bel rischio) ma addirittura un film ‘muto'. Cioé un film con musica e cartelli su cui scrivere (neanche tanto spesso) le battute dei personaggi. Si potrebbe subito pensare a un'operazione da filologi cinefili da far circuitare nei cinema d'essai. Non è così. La filologia c'è ed è così accurata da far perdonare l'errore veniale dei titoli di testa scritti con una grafica e su uno sfondo che all'epoa erano appannaggio dei film noir. Hazanavicius conosce in profondità il cinema degli Anni Venti ma questa sua competenza non lo ha raggelato in una riesumazione cinetecaria. Si ride, ci si diverte, magari qualcuno si commuove anche in un film che utilizza tutte le strategie del cinema che fu per raccontare una storia in cui la scommessa più ardua (ma vincente perlomeno al festival di Cannes) è quella di di-mostrare che fondamentalmente le esigenze di un pubblico distante anni luce da quei tempi sono in sostanza le stesse. Al grande schermo si chiede di raccontare una storia in cui degli attori all'altezza si trovino davanti una sceneggiatura e un sistema di riprese che consentano loro di ‘giocare' con i ruoli che gli sono stati affidati. Se poi il film può essere letto linguisticamente anche a un livello più alto (come accade in questa occasione in particolare con l'uso della colonna sonora di musica e rumori) il risultato può dirsi completo. Per una volta poi si può anche parlare con soddisfazione di un attore ‘cane'. Vedere per credere.

Giancarlo Zappoli (mymovies)
APPUNTAMENTO PROPOSTO DA

martedì 23 agosto 2011

Domenica 04.09.11 ore 20.55 COVER BOY

all'Imbarchino 
PELLICOLE CORSARE
ogni domenica alle 21:15
La rassegna PELLICOLE CORSARE è realizzata dall’IMBARCHINO senza contributi e finanziamenti di alcun tipo ed è resa possibile grazie al sostegno del pubblico e dei frequentatori dell’Imbarchino che in soli due anni l’hanno consacrata la rassegna cinematografica all’aperto più seguita (numericamente) in tutta la città di Torino.
Le proiezioni – gratuite - avvengono all’aperto, all’interno del Parco del Valentino, utilizzando un anfiteatro naturale formato da una collinetta di fronte all’Imbarchino. La natura non è quindi soltanto il contorno in cui avvengono le proiezioni, ma è l’elemento fondamentale che caratterizza la rassegna.
Le proiezioni avvengono tutte le domeniche dal 2 giugno alla prima settimana di Settembre. Dal 5 al 25 Maggio tutti i frequentatori dell’Imbarchino possono decidere i film da proiettare scegliendo tra quelli presenti in una lista di film.
Gli obiettivi della Rassegna sono:
- promuovere una versione ecologica di cinema all’aperto, in una cornice naturale quale il parco del Valentino.
- promuovere film di qualità, penalizzati dal circuito della grande distribuzione, capaci di trattare in modo dinamico ed avvincente temi di interesse sociale.
- promuovere la partecipazione dei giovani e più in generale il pubblico eterogeneo dei frequentatori del parco, sia nella scelta delle tematiche e dei film che nella visione dei film.

cliccare qui per il programma

28 agosto BERLIN CALLING
4 settembre COVER BOY


11 settembre IL RITORNO
                     e                     
                     SALVADOR ALLENDE
appuntamento segnalato da

mercoledì 29 giugno 2011

Giovedì 30.01.11 ore 20.05

Passannante 

Cinema Empire

CINEMA EMPIRE
Piazza Vittorio Veneto, 5 - Torino. Telefono: +39 01 119 504 083 

 


di Edoardo Becattini (mymovies)

Dai tumulti di un'Italia appena formata ai disordini di un'Italia in piena decadenza, la storia dell'anarchico Giovanni Passannante viene riesumata e divulgata grazie al lavoro di tre uomini testardi. Nel novembre 1878, Passannante era un giovane cuoco lucano di umili origini e di fervente animo politico, che acquistò coi pochi soldi che aveva in tasca un piccolo coltello con cui cercò di attentare al Re d'Italia Umberto I. Ma, in quel momento, la neonata monarchia di un paese dai forti dissidi non poteva permettersi di fare di un anarchico meridionale un martire per i sostenitori della repubblica, così che Passannante fu condannato a una prigionia disumana, che lo rese cieco e pazzo fino alla fine dei suoi giorni, mentre il suo paese d'origine, Salvia di Lucania, venne ribattezzato Savoia di Lucania. Il suo cervello e il suo cranio furono oggetto di studio delle teorie lombrosiane e sono stati conservati per più di cento anni nel Museo Criminologico di Roma, finché grazie all'opera di un teatrante, un musicista e un giornalista particolarmente caparbi, quei resti hanno trovato degna sepoltura nel paese che ancora rende omaggio alla casata dei nobili rimpatriati.
“Maledetto è il paese che ha bisogno di eroi”, diceva Brecht, ma sciagurato è soprattutto quel paese in cui gli eroi rimangono sconosciuti o fatti passare per pazzi esaltati. Dopo aver riscoperto le grandi contraddizioni dell'Unità d'Italia attraverso l'epopea dei cospiratori perdenti di Mario Martone (Noi credevamo), con Passannante conosciamo un'altra figura tragica e sventurata che ha visto i suoi ideali rivoluzionari sacrificati sull'altare di una patria embrionale da farsi devota alla monarchia. Al contrario del feuilleton di Martone, in cui i moniti al presente restavano visibili in filigrana e pulsavano nel sottotesto politico degli ideali caduti, nel film di Sergio Colabona gli echi fra presente e passato si costruiscono come una sorta di staffetta, un percorso parallelo che intreccia nel modello della docu-fiction la ricostruzione dell'operato sia artistico che civile di Ulderico Pesce, Andrea Satta e di Alessandro De Feo (giornalista dell'Espresso che ha dato visibilità alla loro causa e che qui trova il volto di Alberto Gimignani), con i principali momenti della vita dell'anarchico lucano.
Nel continuo passaggio fra le due dimensioni, si possono leggere tutta la passione per la causa repubblicana e anti-monarchica del ribelle che la violenza di stato costrinse a passare per pazzo, così come tutte le frustrazioni del percorso civile portato avanti dai tre protagonisti. L'esperienza televisiva di Colabona gli garantisce di sapersi orientare fra un'eterogeneità di materiali impiegati (oltre al racconto in costume e alla ricostruzione della battaglia contemporanea, compaiono riprese teatrali, intervalli musicali e sequenze di telegiornali), ma non di saperli gestire in funzione di una sintesi che accolga un'identità propriamente cinematografica. I passaggi fra i vari momenti mostrano un certo disagio nel dare un senso di continuità fra le due storie parallele e donano una connotazione farraginosa alla coscienza politica dell'intera opera. Dalla discreta ricostruzione in costume del personaggio di Passannante e dalle buone interpretazioni di Fabio Troiano e Luca Lionello, si passa a una rappresentazione del presente che mette insieme momenti differenti e qualitativamente discontinui, in cui le suggestioni musicali dei Têtes de Bois si combinano con gli spettacoli di Ulderico Pesce e i siparietti grotteschi ambientati fra le stanze del Ministero di Grazia e Giustizia, in compagnia dei vari guardasigilli che si sono succeduti negli anni Duemila. Sono questi momenti in particolare a esibire un'idea piuttosto amatoriale della satira e a rivelare eccessivamente la missione pedagogica del progetto. E tuttavia, la qualità altalenante del progetto non opacizza la sua passione anti-monarchica, anzi: per quanto il film non abbia certo la potenza evocativa di un'orazione civile, riesce a trasmettere questa ribellione in maniera più verace ed estremamente contagiosa. 
 
APPUNTAMENTO PROPOSTO DA

domenica 19 giugno 2011

Giovedì 23.06.11 ore 19.45

Corpo Celeste

Cinema Fratelli Marx


Corso Belgio, 53 - Torino. Telefono: +39 0118 121 410  mappa» 
di Giancarlo Zappoli (mymovies)


Marta ha 13 anni ed è tornata a vivere alla periferia di Reggio Calabria (dove è nata) dopo aver trascorso 10 anni in Svizzera. Con lei ci sono la madre e la sorella maggiore che la sopporta a fatica. La ragazzina ha l'età giusta per accedere al sacramento della Cresima e inizia a frequentare il catechismo. Si ritrova così in una realtà ecclesiale contaminata dai modelli consumistici, attraversata da un'ignoranza pervasiva e guidata da un parroco più interessato alla politica e a fare carriera che alla fede.
Alice Rohrwacher debutta alla regia di un lungometraggio con una prova che testimonia della sua abilità nel dirigere attori e non attori, garantendo quella naturalezza che per un film come Corpo celeste è una qualità indispensabile. Deve infatti sostenere la veridicità di una condizione di degrado culturale e ambientale locale con il massimo possibile di verosimiglianza. Perché il film della Rohrwacher si colloca come un Gomorra della spiritualità in cui (forse casualmente forse inconsciamente) proprio uno degli attori di quell'opera interpreta il ruolo di un parroco desolatamente impermeabile a una fede vissuta a capo di una comunità culturalmente fatiscente. In essa si aggira la piccola Marta, adolescente in formazione che solo nella madre sembra trovare un'amorevole comprensione. Tra balletti di bambine ispirati alla peggiore tv, frasi del catechismo deprivate di qualsiasi senso grazie a una catechista incolta ma volonterosa e vescovi e loro segretari dal volto grifagno o dallo sguardo raggelante, Marta va verso la Cresima attraversando dei gironi spiritualmente infernali in cui non manca neppure un sacrestano lombrosianamente così pericoloso da annegare gattini appena nati. Un appiglio affinché una sua possibile fede possa non essere totalmente dissolta nell'acido muriatico di un'insipienza eretta a sistema potrebbe venirle da un anziano e isolato sacerdote che le fa conoscere la ‘follia' di Cristo.
Ciò che non convince nella sceneggiatura (a differenza di film come Cosmonauta e I baci mai dati 
 sicuramente non teneri con la Chiesa) è la compressione dell'ottica. Noi conosciamo Marta solo per quanto attiene la sua vita in casa (in misura minore) e la sua attività in parrocchia. Come se il Catechismo per una ragazzina di 13 anni fosse oggi pervasivo come per un'educanda in un collegio di inizio Novecento. Marta non sembra avere altre occasioni di vita o di relazione sociale (la scuola ad esempio?). Non avendo esperienza diretta della realtà calabra che Rohrwacher ha voluto portare sullo schermo non ci si può permettere di negarne la verosimiglianza. Si può solo constatare che, per fortuna, il mondo ecclesiale italiano è molto più complesso e articolato. 
Appuntamento proposto da

lunedì 25 aprile 2011

Venerdì 29.04.11 ore 19.45

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


CINEMA LUX 
Galleria San Federico - Torino. Telefono: +39 0115 628 907  mappa» 

Non lasciarmi

Un film di Mark Romanek. Con Carey Mulligan, Andrew Garfield, Keira Knightley, Isobel Meikle-Small, Ella Purnell.
Titolo originale Never Let Me Go. Drammatico, durata 103 min. - USA, Gran Bretagna 2010. - 20th Century Fox 
Andreina Sirena    (mymovies)
Kathy H. è una badante che affianca i pazienti durante le donazioni degli organi. In un lungo flashback ricorda l'infanzia e l'adolescenza trascorse nel college inglese di Hailsham, l'amicizia con Ruth e l'amore per Tommy. Durante quegli anni i protagonisti vennero informati da una tutrice che il loro destino era già stato pianificato. Kathy si presenta con l'iniziale del suo cognome: ‘H'. Questa mutilazione anagrafica (oltre che citazione kafkiana) prefigura già una privazione dell'identità. I tre protagonisti non accenneranno mai ad un'origine o ad un legame di parentela. Vivono questa condizione di orfani, assuefatti alla grigia e silente crudeltà di Hailsham, un college mengheliano che li riduce a polli da batteria per servire il progresso scientifico. Sono creature che non diranno mai ‘io'.
Il film è un thriller soffuso, cadenzato, con tinte fosche e angoscianti. Prevalgono tonalità grigie dalle divise collegiali alle mura degli ospedali. La scenografia firmata da Mark Digby (The Millionaire) è tutt'uno con lo stato d'animo e la condizione larvale della vita. L'unica vibrazione che scuote lo stato emotivo, destando sogni e desideri, è espressa dal ritornello di una canzone :‘Darling, hold me and never never never let me go'. Dalla penna di Kazuo Ishiguro, scrittore nato a Nagasaki e cresciuto nel Paese dove è avvenuta la clonazione della pecora Dolly, non poteva mancare un confronto con le conseguenze del progresso scientifico. Un confronto che diviene interrogativo sulla condizione umana, sull'omologazione, la libertà individuale e la pressione di un potere che vorrebbe livellare il pensiero. Il suo romanzo ‘Never let me go' al quale ha lavorato per quindici anni, anche se descrive un mondo parallelo dominato dalla clonazione, è tragicamente umano. Ci sono dentro gli interrogativi sulla scienza, sul senso dell'amore, dell'amicizia e dell'arte.
La regia di Mark Romanek (celebre autore di video musicali come ‘Bedtimestories' di Madonna o ‘Scream' di Michael Jackson) fedele alle intenzioni di Hishiguro, riesce a condurre l'esperienza reale e ordinaria della vita di un college inglese, verso un piano sempre più astratto e metaforico. La tragedia di questa lenta rassegnazione al destino è tramata con un'eleganza tipicamente nipponica, senza contrasti, atti di forza o ribellione. La scelta degli attori adulti è suggestiva oltre che ispirata. La coppia Ruth – Tommy (interpretata da una metafisica Keyra Knightley e uno stilizzato Andrew Garfield) è lunare e consunta. Entrambi sembrano emergere dal dolore dei dipinti di Munch, Kirchner e Kokoschka. Nessuno di loro metterà al mondo bambini perché ‘generare' è un atto creativo e la ‘creatività' è bandita dalle loro vite. Per questo c'è una sessualità triste, frustrata come quella immortalata dagli espressionisti. Si tratta di una prigionia psichica, più affilata e capillare di quella schiavistica, che non contempla la salvezza.
L'immagine dell'uomo che non può più mettersi in viaggio e cercare, è espressa dalla nave sdraiata sulla sabbia, arrugginita ed in-ferma. Una nave che non può più sperare l'orizzonte. Vale la pena vivere se l'identità è censurata? Cosa resta all'uomo se può fare a meno della creatività per rispondere ad una volontà estranea al cuore? Se perdiamo noi stessi a che vale il progresso scientifico? Veniamo consegnati alla morte se le idee si spengono, sembra svelarci sottovoce questo film esangue e magnifico. 
Appuntamento proposto da

lunedì 17 gennaio 2011

Mercoledì 05.01.11 ore 19.55 c/o Cinema Lux

Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni

Regia di Woody Allen. Con Antonio Banderas, Josh Brolin, Anthony Hopkins, Gemma Jones, Freida Pinto.
Genere Sentimentale, produzione USA, Spagna, 2010. Durata 98 minuti circa

Una profonda riflessione su quella grande illusione che chiamiamo 'amore' 
di Giancarlo Zappoli (mymovies)
Alfie ha lasciato la moglie Helena perchè, colto da improvvisa paura della propria senilità, ha deciso di cambiare vita. Ha iniziato così una relazione (divenuta matrimonio) con una call girl piuttosto vistosa, Charmaine. Helena ha cercato di porre rimedio alla propria improvvisa disperata solitudine cercando prima consiglio da uno psicologo e poi affidandosi completamente alle ‘cure' di una sedicente maga capace di predire il futuro. La loro figlia Sally intanto deve affrontare un matrimonio che non funziona più visto che il marito Roy, dopo aver scritto un romanzo di successo, non è più riuscito ad ottenere un esito che lo soddisfi. Sally ora lavora a stretto contatto con un gallerista, Greg, che comincia a piacerle non solo sul piano professionale…
Woody ha preso nuovamente l'aereo ed è tornato in Gran Bretagna dopo che era tornato a respirare aria di Manhattan con Basta che funzioni. Nonostante l'aspetto sempre più fragile, Allen ha ormai le spalle più che larghe per sopportare l'ennesima, ripetitiva reprimenda critica: “Racconta sempre le stesse cose”. È vero: Woody non si inventa novità senili per stupire il pubblico. Anzi qui, fingendo di appellarsi allo Shakespeare del “Macbeth” in realtà si riallaccia al finale di uno dei suoi film più ispirati, Ombre e nebbia, che si chiudeva con la frase: “L'uomo ha bisogno di illusioni come dell'aria che respira”. Sono trascorsi quasi vent'anni da allora e, in materia, Allen sembra essersi ormai arreso all'evidenza: è proprio (e sempre di più) così.
Come in Tutti dicono I Love You (ma con l'esclusione dell'adolescenza) le diverse età si confrontano con un bisogno di qualcosa che esemplificano con la parola ‘amore' ma di cui, se richiesti, non saprebbero dire il significato. Non potendo sfuggire a questa esigenza ognuno cerca di trovare delle soluzioni che finiscono con il rivelarsi aleatorie e provvisorie anche se ognuno, in cuor suo, vorrebbe che fossero 'per sempre'. Ma il 'per sempre' non esiste nell'universo alleniano. Ognuno cerca di porre rimedio alla propria solitudine come può e come sa e non ha neppure bisogno di essere perdonato per questo.
L'umanità non può comportarsi altrimenti. Ciò che invece va duramente punito è il furto intellettuale, l'appropriarsi di idee altrui spacciandole per proprie, perseguire il successo a spese degli altri. In questo caso Woody diventa un giudice implacabile. Sarà anche vero che ritorna su propri temi. Ma sono 'suoi' per stile, qualità, leggerezza e profondità.
Evento proposto dal 
COMITATO SOCIO-LETTERARIO PASOLINI 
DEL QUINTILIANO